La Campania da un punto di vista economico è una regione molto disomogenea sia in termini di percorsi di sviluppo intrapresi che nei livelli di crescita conseguiti. Un territorio regionale che potremmo definire “a basso tasso di coesione territoriale”, non solo per le differenze geomorfologiche presenti tra le province della costa (Napoli, Caserta e Salerno) e quelle dell’interno (Avellino e Benevento).
L’area interna, cui la provincia di Benevento appartiene insieme con la provincia di Avellino, appare meno aperta sui mercati esteri e più agricola rispetto alla media regionale e con una interessante presenza del vitivinicolo.
Lo scenario che emerge dall’osservazione delle cinque province campane evidenzia come la regione non presenti una sua fisionomia economica omogenea e registri divari di sviluppo all’interno che penalizzano soprattutto le aree interne.
In questo contesto, l’economia sannita mostra un modello di sviluppo che favorisce l’integrazione intersettoriale, dove l’industria rappresenta una componente “non centrale” ma sussidiaria, puntando sull’integrazione di alcune filiere produttive, soprattutto quella dell’agroalimentare, su settori manifatturieri di nicchia e ad alto tasso di innovazione, fondati prevalentemente sulla piccola impresa.
Ciò significa valorizzare le peculiarità socio-economiche locali integrate con un sistema di relazioni sia produttive che istituzionali che colleghi il territorio sannita ad altre realtà simili e/o adiacenti ragionando in termini di “bacini di gravitazione”.
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